
Storie di Rap: Milano
Se New Orleans è la culla del Jazz allora Milano è quella del rap italiano. La storia di questo genere ormai all’apice di tutte le classifiche italiane inizia al «muretto» in piazza San Babila: lì si incontravano i grandi del genere. Un punto di ritrovo per una comunità lontana dal successo di oggi.
Poi nei primi anni del Duemila, il movimento rap, si sposta nell’hinterland e nei quartieri periferici come la Barona di Marracash. In questi anni si accendono anche le stelle di Fedez e Emis Killa. Ogni quartiere ha alzato il suo campione e i campioni si sono presi le classifiche di Italia innovando, raccontando e tenendo sempre un filo rosso con quelli che erano i grandi maestri del genere.
Negli ultimi dieci anni la scena milanese ha davvero rivoluzionato il panorama rap italiano: da Sfera Ebbasta e l’importazione della trap ad artisti dalla scrittura lirica come Rkomi e Ernia senza dimenticare tutti quegli artisti, come Tedua, che a Milano hanno trovato successo e il proprio spazio.
Ci sono poi le nuove voci come Nuflex che raccontano la periferia senza filtri, senza vergogna perchè nessuno di loro si è mai dimenticato il posto dal quale viene e tutti sanno che è anche grazie a quelle strade se sono dei talenti.
Rap: il genere della periferia
Ti ricordi quando ad andare in centro ci sentivamo intrusi?
“In radio” Marracash
Poi conquistare disobbediendo e coprendo il mondo di sputi
È umiliante provare, tanto non ci faranno entrare là
Noi venuti su male, storti come le case ad Amsterdam
Il rapporto tra rap e periferia è lampante a chiunque conosca un po’ la storia del genere. A Milano questo legame però diventa più forte, si stringe intorno ad un microcosmo che ti condiziona e ti dà senso di appartenenza.
Il rapper, quello vero, è quello che per anni è stato escluso dal centro di Milano. È quel personaggio spesso guardato con disprezzo o con estrema diffidenza da chi in periferia ci passa solo per sbaglio. La periferia è un mondo fatto di storie, non sempre a lieto fine, di vie in cui è meglio non passare, in cui i soldi facili hanno più fascino della scuola e in cui la vita è fatta di tanti calci e pochi abbracci.
A Milano periferia e centro hanno confini labili, facilmente confondibili per chi non li conosce. Per chi li vive sono netti, sono il segno tra quello che si è e quello che si vorrebbe essere.
La periferia milanese però diventa la protagonista di tantissimi testi: è madre e matrigna come la natura leopardiana, perchè può dare tutto e allo stesso tempo può togliere senza nemmeno avvisare.
Milano: tra periferia e rapper
Il legame tra la periferia e i rapper è lampante dalle prime canzoni dei Club Dogo fino alle grande liriche di Dargen d’Amico, passando per Emis Killa e il suo “Bus 323” che lo portava da Vimercate al centro di Milano o la 68 che portava Ernia da QT8 al Duomo. Insomma il rap italiano è fatto di movimenti: quelli verso il centro, quelli che ti portano a fare parte di coloro che contano.
Tutti i rapper raccontano però anche le condizioni delle periferie: tra case popolari, genitori divorziati, padri assenti, dipendenze, spaccio e degrado loro ci sono riusciti. Loro hanno lasciato alle spalle il loro destino segnato dalla periferia e dalle non occasioni.
Eppure i rapper, per lo più, restano legati alle loro origini: anche dopo il successo la maggior parte resta in quartiere come esempio di quello che si può diventare se ci si impegna e con la fame di chi vuole emergere.
Nuflex
Qua crescono in fretta i bambini
“Baggio” Nuflex
Di baggio Via Creta, Mar Nero, Scanini
Qua crescono e muovono i kili
Per fare più soldi per fare dindini
Le vedi le facce tagliate
E quelle scuole no mai frequentate
E se la fai resti all’ultimo banco
Sopra la 67 sto all’ultimo posto che sono di Baggio
Tra i nuovi talenti del genere della scuola milanese sicuramente la menzione d’onore è per Nuflex, classe 1996 cresciuto tra le case popolari del quartiere Baggio a cui dedica anche le sue rime.
Nei suoi testi racconta la vita di un ragazzo come tanti in periferia tra le sirene delle volanti e gli amici quelli che ce la fanno, quelli che finiscono in una cella e chi peggio. Racconta la scuola in cui nessuno crede perchè si vedono gli amici e i fratelli fare i soldi facili senza i libri. Nuflex racconta cosa significa non vedere futuro, avere menti contorte come i cubi di Rubik per citarlo ancora.
Una lirica ancora molto acerba ma che ridà all’ascoltatore l’immaginario della periferia, quella periferia dalla quale si sente che Nuflex vorrebbe emergere. Una lirica dagli incastri metrici particolari e dal ritmo scandito, quasi non servisse una base e lì per sottolineare come la periferia sia un’attitudine, il bisogno
Il primo vero rapper che parla della vita dei figli di seconda generazione dimenticando finalmente marche, soldi e macchine a favore della fame di vita, di successo e di arte e tutto questo ci fa dire che quella periferia lo porterà lontano. Ha una forza comunicativa che va oltre il talento: Nuflex ha bisogno di parlare e lo fa in rima. Si avverte nei suoi testi la voglia di rivalsa, di amore, di famiglia e quella continua curiosità che va oltre lo studio ma che ti porta lontano.

