quai d'orsay
Film

Quai d’Orsay, e un omaggio a Bertrand Tavernier

Quai d’Orsay è l’ultimo film diretto nel 2013 da Bertrand Tavernier, regista francese scomparso nel 2021. Il Centro Culturale Francese di Milano ha scelto di rendergli omaggio proiettando il suo ultimo lavoro nell’ambito della manifestazione milanese Noir in Festival.

La trama

Arthur Vlaminck è un giovane di belle speranze che viene assunto al Ministero degli Esteri francese, che ha sede al Quai d’Orsay. Qui gli viene affidato l’incarico di redigere i discorsi del ministro. Sembrerebbe un lavoro prestigioso, ma la disillusione è dietro l’angolo. Il ministro Alexandre Taillard de Vorms è un uomo in apparenza seducente e carismatico, ma arrogante e incapace. È inoltre pronto a cambiare opinione in continuazione e a smentire con disinvoltura le proprie affermazioni. Arthur deve quindi imparare in fretta a muoversi nei meandri della politica. Si renderà però presto conto che il ministero si regge sul lavoro di un gruppo di collaudati collaboratori, guidati dall’anziano e abilissimo Claude Maupas.

La nostra recensione

Perché inserire questo film in una rassegna come Noir in Festival? In realtà “Quai d’Orsay” non è un noir in senso stretto, in quanto non racconta omicidi e vicende criminali. Può però essere definito una commedia intrisa di umorismo nero. Basata su un fumetto di successo firmato da Christophe Blain e Abel Lanzac, ci offre un ritratto davvero impietoso del mondo politico francese.

Spicca su tutte la grandiosa figura del Ministro degli Esteri, magistralmente interpretato da Thierry Lhermitte. Si presenta come molto attivo e decisionista, pronto a sfoderare in ogni occasione citazioni da Eraclito, di cui porta sempre con sé un volume, e a ribadire la sua fede in tre principi incrollabili. Peccato solo che questi tre principi cambino in continuazione…

Tra discorsi alle Nazioni Unite, crisi africane da risolvere per evitare possibili conflitti mondiali e critiche alle grandi potenze del pianeta e alla loro gestione del potere, il film racconta la presunta politica estera francese dei primi anni Duemila mantenendo un ritmo frenetico sia nei dialoghi che nelle immagini, al quale lo spettatore si deve adeguare al pari dello spaesato Arthur Vlaminc. Il divertimento rimpiazza subito una certa perplessità iniziale.

Quai D'Orsay
La locandina del film

Fin dall’inizio è feroce il contrasto tra la presenza fragorosa e iperattiva del ministro e l’imperturbabilità di Claude Maupas (per la cui interpretazione l’attore Niels Arestrup ha vinto il premio César, l’Oscar francese). Mentre il suo capo pretende di istruire i collaboratori lanciando proclami solenni quanto inutili, l’uomo passa ore al telefono con ministri e diplomatici di mezzo mondo per scongiurare il rischio di nuove guerre.

L’ispirazione dietro al film, tra politica e messaggi attuali

Si dice che per raccontarci Alexandre Taillard de Vorms il regista si sia ispirato alla figura di Dominique de Villepin, titolare di alcuni ministeri e per due anni capo del governo durante la presidenza Chirac. Un uomo politico che evidentemente non doveva essere molto simpatico a Tavernier, dato che ce ne offre un ritratto davvero impietoso.

Al di là delle simpatie o antipatie personali di Tavernier, il messaggio principale di questo film è soprattutto una riflessione sull’importanza del linguaggio e dei suoi possibili utilizzi, non sempre positivi, in un campo delicato come quello della politica. Campo in cui il peso delle parole può essere enorme e avere conseguenze spesso imprevedibili.

Per restare informati sulle numerose iniziative dell’Institut Français MIlano, vi rimandiamo al sito ufficiale.

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