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Il digiunatore: due chiacchiere con Enzo Fileno Carabba

Il digiunatore di Enzo Fileno Carabba (Ponte alle Grazie) è uno dei titoli più attesi di questo mese. La biografia di Giovanni Succi diventa un romanzo avvincente, e la sua figura di digiunatore è pronta a incantare i lettori. Abbiamo potuto leggerlo in anteprima, e siamo rimaste conquistate dalla figura di Succi e dalla prosa di Carabba. Ecco cosa ci ha raccontato l’autore durante l’intervista!

La trama

Nato a metà Ottocento a Cesenatico Ponente, terra di mangiatori, Giovanni Succi si impone sulla scena del mondo come il più grande digiunatore di tutti i tempi. C’è qualcosa in lui di invulnerabile, che non si arrende neanche all’evidenza. Qualcosa che ha imparato ancora bambino dalle carovane dei circhi, quando scendevano dal Paradiso Terrestre verso la pianura romagnola. Alla saggezza errante dei saltimbanchi, Giovanni deve la sua gioia e la sua salvezza, l’urgenza di diventare quello che è: uno spirito sensibile, un leone indomabile, un profeta immortale.

Guidato dall’utopia del socialismo e dal battito del suo cuore, veleggia libero come un elisir attraverso deserti e savane, cespugli e radure, nuvole e gabbie, e mette il suo digiuno al servizio dell’umanità. Coltivando in sé la sorgente di una speranza illimitata – riflessa in donne dai nomi armoniosi quali Ginevra, Gigliola, Guerranda -, segue il suo respiro per il mondo, dal Canale di Suez al manicomio della Lungara, dalle strade del Cairo e di Milano alle corsie della Salpêtrière. Incontra donne-belve e grandi esploratori, Sigmund Freud e Buffalo Bill, mentre l’Occidente sfocia nella modernità e perde per sempre l’innocenza.

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L’intervista

Abbiamo intervistato Enzo Fileno Carabba il 10 gennaio, e abbiamo potuto scoprire di più sul libro e sulla sua genesi. Ecco cosa ci ha raccontato!

Dove e come hai incontrato Giovanni Succi, e come hai deciso di raccontarne la storia?

Tutto è partito da un racconto di Kafka, e dalla mia totale immersione nella vita e nella storia di questo personaggio. Complice anche la coincidenza di conoscere una parente di Succi, ho voluto approfondire, e mi sono trovato a raccogliere testimonianze e documenti. Talmente tanti da non poterli ovviamente inserire tutti nel libro. Quello a cui tenevo era raccontarne la vita con rispetto, suscitando nel lettore la mia stessa meraviglia.

Pensando alla scrittura, qual è stata la difficoltà maggiore, se ce n’è stata una?

Raccontarne i grandi successi. La sua infanzia, la sua vita in Africa e la sua permanenza in manicomio mi avevano conquistato, e ne scrivevo con trasporto. Mi sembrava più difficile raccontarne i trionfi, che temevo risultassero ripetitivi per il lettore. Altra difficoltà è stata quella di fare una selezione. È un uomo che ha avuto una vita incredibile, che forse richiederebbe un volume di migliaia di pagine per essere documentata. Per non parlare poi della difficoltà nel doverla rendere credibile per il lettore. La verità è che gli elementi più assurdi e fantasiosi della vita di Succi sono quelli veri, non quelli che ho romanzato!

È come se intorno alla figura del digiunatore ci fosse un’aurea divina. Dagli accostamenti del suo digiuno a quelli di matrice religiosa, si passa però poi ad accennare al tema della salute mentale. Succi è sempre sul confine sottile tra santo e ciarlatano, senza cadere mai davvero da una parte o dall’altra.

È voluto. Non volevo alimentare la teoria della follia o quella del miracolo. Certo è che il digiuno è una pratica millenaria. Quello che sappiamo di Succi è che avesse capacità straordinarie, anche a detta dei medici che allora lo esaminarono. In cosa consistessero davvero, forse non lo sapremo mai. Il suo elisir, ad esempio, chissà se fosse davvero celato in quella cassaforte. Secondo alcuni non esisteva, secondo altri ovviamente sì.

Leggendo di come Giovanni Succi rinunci ad alimentarsi (diventando così Il digiunatore), è spontaneo riflettere e chiedersi a cosa si potrebbe rinunciare. Nel suo caso, di cosa si tratta?

Sono un appassionato di apnea, di sospensione volontaria del respiro. È una sfida con me stesso e con la mia stessa resistenza, e mi porta grande euforia. Poi se penso a “cose” di cui potrei fare a meno, da un lato potrei dire «di tantissime cose!», dall’altro chissà se poi ne sarei capace.

Quello del digiunatore è chiaramente un rapporto estremo col cibo. Questi due anni di pandemia hanno in parte rivoluzionato il nostro modo di mangiare. Il dibattito sul tema dell’alimentazione, dei disturbi alimentari e degli sprechi è caldo. C’era anche questo sul piatto, quando prendeva forma il tuo libro?

Giovanni Succi, a differenza del classico digiunatore, alla fine del digiuno mangia. Banchetta, addirittura. Riunisce quindi in sé due figure simboliche, digiunatore ascetico e banchettatore. Quello che posso dire sul tema è che il digiuno è una forma di forte controllo di sé (estremo), e sicuramente il controllo su ciò che mangiamo è qualcosa su cui tutti riflettiamo, almeno occasionalmente.

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Il digiunatore di Enzo Fileno Carabba (Ponte alle Grazie) è in libreria dal 13 gennaio.

Milanese di nascita e nel cuore. Vivo di digital marketing di giorno, e di letture matte (ma mai disperatissime) di notte. Bevo litri di tè nero, e colleziono tacchi alti, con cui riesco a non perdere mai un treno.

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