Il profumo sa chi sei: Cristina Caboni si racconta
Il profumo sa chi sei di Cristina Caboni (Garzanti) è l’attesissimo seguito di Il sentiero dei profumi, uscito nel 2014. Abbiamo intervistato l’autrice in occasione di quest’importante uscita: ecco cosa ci ha raccontato!
Partiamo da qui: come è stato per te riprendere questa storia così tanti anni dopo?
A dir la verità, non è stato semplice. È stato, però, impossibile da ignorare. Nel senso che una volta che ho iniziato a vedere, nella mia immaginazione, Elena, ma soprattutto Susanna. Sono sue le prime tracce che mi hanno riportato a questa storia, non ho potuto fare a meno di seguirle. Susanna e Victor, giovanissimi, sono tornati a rapire la mia attenzione. Non riuscivo nemmeno a capire bene, inizialmente, cosa mi stessero dicendo e chi fossero, finché mi sono addentrata nella storia. Allora, ho capito che era arrivato il momento di prendere nuovamente in mano il percorso di Elena, che avevo lasciato un po’ incompiuto, con tanti interrogativi. Da lì ho iniziato a vedere strutturarsi il tutto.
E ti dirò di più, è stato il profumo a portarmi da loro. Le prime cose che ho visto, sono stati dei petali di rosa che scendevano come pioggia, in una zona che, in genere, non è una zona prediletta per la coltivazione di fiori (in quanto desertica). Ma da lì tutto ebbe un senso. Ho seguito questa suggestione, che mi ha poi portata, poi, in luoghi meravigliosi.
Quando è arrivato lo stimolo: eri a casa o in viaggio?
Ero a casa e, tra l’altro, avevo appena terminato le bozze finali de La casa degli specchi. Già mentre scrivevo, ho iniziato a vedere qualcosa di curioso, a soffermarmi nei pressi della profumeria, a vedere il Giappone, i cerimoniali…
Molti dei luoghi che racconti sembrano vissuti in prima persona.
Quando parlo di qualche luogo, anche se non fisicamente, in realtà ci sono stata grazie a tutte le attrezzature e tecnologie di cui disponiamo. Oggi puoi essere ovunque, passeggiare per le strade che racconti, conoscere tutti i dettagli dei luoghi che citi. È una cosa che faccio sempre, quando parlo di qualcosa. Sono sempre molto attenta e precisa. Per esempio conosco tutti i vicoli, dove sono posizionati gli alberi delle ambientazioni che ho inserito, proprio perché ripercorro le stesse situazioni moltissime volte. Vi racconto un aneddoto divertente. L’unica volta che mi sentivo tranquilla, il romanzo era ambientato in Sardegna, la mia terra: ne conoscevo ogni dettaglio perfettamente. Ecco. Lì ho fatto degli errori!
A proposito di quanto la tua scrittura sappia essere verosimile: anche il percorso interiore che affronti, con il personaggio di Elena, e, di conseguenza con Susanna, è molto sentito. Come è stato approfondire e come sei riuscita ad immedesimarti in un tale percorso introspettivo?
Ti confesso che quando scrivo sono posseduta dai personaggi, vivono dentro di me. Io sparisco e loro predominano. Non sono altro che una spettatrice. È una cosa che, per fortuna, mi è capitata fin dalla prima volta che ho scritto di Elena. In questo ultimo libro, mi è capitata la stessa cosa con Selvaggia. È è venuta fuori all’improvviso, non avevo assolutamente idea di chi fosse. Pensavo addirittura che fosse un’altra persona, mi ci è voluto del tempo per comprendere. Lavoro in questo modo: dopo la prima suggestione, i personaggi mi entrano dentro e mi raccontano la loro storia. Scrivo tutto a mano, fino ad avere la sinossi completa, dal primo istante all’ultimo. Quando inizio a scrivere, mi lascio guidare solo dal cuore. Capita, però, che in questa sorta di possessione io lasci la strada “certa”, perché i personaggi mi portano dove vogliono loro. Ti lascio immaginare poi i cambiamenti e le limature che devo fare! Però sono sempre felicissima di questo. Il lavoro diventa complicato, ma è lì che mi rendo conto che la scrittura è qualche cosa di impossibile da “incatenare” in un sistema. La scrittura è mistero, io sono convinta di questo. I personaggi hanno la loro storia, il loro cuore e, in qualche modo, arricchiscono sempre lo scrittore. Mi sento molto felice ogni volta che scrivo.
Anche il profumo è magia: qualcosa di così misterioso ma allo stesso tempo significativo. Come nasce la necessità di rendere il profumo protagonista di una storia?
Sai, un po’ dipende dal mio lavoro. Sono un’apicultrice e lavorando con le api, ho la necessità oggettiva di annusare. È fondamentale. Dall’odore capisci come stanno le api e altre moltissime cose. Addirittura sai quale nettare stanno bottinando e conservando nelle cellette. Questo mi permette di avere una consapevolezza dell’olfatto superiore a molti altri che, non avendo questa mia necessità, lo trascurano. Ne riconosco l’importanza ma, soprattutto, riconosco di avere la fortuna di esserne arricchita. Molto spesso anche con le persone, capita. L’odore di qualcuno ti può rendere ben predisposto o meno a frequentarla.
Elena, infatti, sa bene esprimere e raccontare a parole ogni sentore e ogni profumo che percepisce.
Sì, quello è stato un passaggio piuttosto difficile. Il profumo non ha parole. Non esiste un vocabolario dedicato a questo grande senso così trascurato, dunque ci si deve aggiustare con le associazioni, con le metafore. Le parole che meglio si adattano, ma che non sono proprio “le sue”. Esistono alcune tribù, invece, che hanno a disposizione più termini per identificare i diversi odori ai differenti orari del giorno. Noi non li abbiamo. Il profumo è una quelle cose ancora estremamente misteriose, risponde la parte più arcaica del cervello, quello limbico legato all’istinto, che ci permette di prendere decisioni istantanee. Per esempio, quanto senti l’odore di fumo o bruciato, non stai a pensarci, reagisci.
Qual è la tua fragranza o profumo del cuore?
Prima di scrivere questa storia, avevo una predilezione per il fiore dell’arancio, la zagara. Mi piace moltissimo questo odore. Ma, proprio in occasione della stesura di questo libro, Caterina Roncati ha preparato un profumo sulla suggestione del personaggio di Elena, chiamato “Donna Iris”. Inizialmente sono rimasta interdetta. Non capivo se mi piacesse o se mi stesse respingendo. Non era il mio profumo. Adoro il fiorito, fruttato, delicato, questo invece era di carattere, forte, estremamente amaro, con una personalità quasi opprimente. Eppure, dopo qualche istante, proprio come fa Elena nel libro, ho scelto di sorpassare la soglia che mi bloccava, e ho deciso di accettarlo. Da lì me ne sono innamorata ed è diventato il mio profumo. Ho imparato, in questa occasione, a non avere pregiudizi. Non ho voluto chiudermi e precludermi un’esperienza olfattiva così affascinante. Questo profumo, poi, mi ha accompagnata nella stesura.
Ogni capitolo è aperto dalla descrizione e alle caratteristiche di uno specifico fiore. È in qualche modo legato al contenuto e allo sviluppo del capitolo che sta per iniziare?
Sì, ho voluto giocare molto con gli archetipi. Ho fatto una ricerca e ho trovato molto interessante il fatto che, sulla base dei fiori e della corrispondenza olfattiva, se tu sei una persona che ha determinate esigenze, è facile che il tuo profumo sia uno specifico, per una serie di motivi legati alle piante e ai fiori…
C’è un po’ di te in questo secondo capitolo?
Diciamo che, una volta che Elena si è impossessata di me come persona, sono riuscita a comprendere tante cose di me stessa che non avevo mai preso in considerazione. Però sai, questo mi succede con tutti i libri. Elena, essendo il mio primo personaggio è stata più forte e incisiva – mi ha spiegato tante cose importanti.
La ritroveremo?
Non lo so, io non ho idea di come possa essere. Per anni non ho pensato ad Elena e poi è apparsa. Non so come andrà. Quando scrivo sono una scrittrice, ma anche una spettatrice. Molte cose che accadono, mi colgono di sorpresa. Però posso dire che ne La casa degli specchi c’è un personaggio che non ha finito di raccontare la sua storia… e probabilmente presto tornerà!
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